La teologia di papa Benedetto XVI fu la visione teologica proposta dal pontefice nel corso del suo pontificato, composta essenzialmente da tre lettere encicliche sull'amore (2005), sulla speranza (2007) e sulla "carità nella verità" (2009), oltre che da varie costituzioni apostoliche, discorsi ed interviste. La teologia di Benedetto XVI è il frutto di lunghe riflessioni in tutta la sua vita, in gran parte caratterizzate dal suo periodo di guida della Congregazione per la dottrina della fede, che lo hanno portato al desiderio ardente di preservare la fede cattolica nella sua integrità. La sua teologia si origina dal concetto che "Dio ci parla oggi attraverso la sua Chiesa e non solo attraverso la Bibbia". "La Bibbia non è un testo di scienze naturali, ma piuttosto è la testimonianza essenziale della rivelazione di Dio" nelle parole di papa Benedetto. Sempre secondo la visione teologica del pontefice, "è impossibile trarre delle spiegazioni scientifiche dalla Bibbia, ma se ne può trarre unicamente un'esperienza religiosa. La Scrittura non ci riferirà dunque mai di quante specie di piante siano apparse gradualmente sulla terra o come nacquero il sole o la luna, ma il suo proposito è quello di ribadire che Dio ha creato il mondo".[1]
Nella visione di Benedetto XVI il mondo non è un caos di forze opposte tra loro né un duello di forze demoniache da cui l'umanità deve proteggersi. Piuttosto, tutto ciò che esiste viene da un'unica potenza, quella di Dio, che si è rivelata col potere della creazione. Tutto ciò viene dalla Parola di Dio che si pronuncia nella parola della fede. La Bibbia, secondo il pontefice, venne scritta per aiutarci a comprendere l'"eterna Ragione di Dio". La Santa Scrittura non è stata scritta nella sua interezza dall'inizio alla fine come un racconto o una favola; essa appare piuttosto come l'eco della storia di Dio e del suo popolo nella visione ratzingeriana. Il tema della creazione non è risolvibile in un solo luogo o in una sola parola; esso piuttosto accompagna Israele nella sua storia e pertanto anche il Vecchio Testamento appare intriso della Parola di Dio. Con queste considerazioni, papa Benedetto ha presentato la reciproca appartenenza tra Vecchio e Nuovo Testamento. L'individualità delle due parti deriva dal tutto e il tutto deriva da Cristo.[2] La Bibbia, secondo il pontefice, riadatta costantemente la sua immagine al percorso di vita dell'umanità e così facendo si rivela un processo interattivo più profondo e più grande. I cristiani non devono quindi leggere, secondo papa Benedetto, il Vecchio Testamento come indipendente rispetto al Nuovo, ma sempre tenendo presente l'opera salvifica di Cristo e tramite Cristo.